Esame da avvocato. Come passarlo

L’esame da avvocato non è difficile da passare, occorrono solo poche nozioni. Di seguito tutti i consigli pratici e utili per passare scritto e orale.

Premetto una cosa. Ho passato l’esame a prima botta, dopo anni dalla fine della pratica legale e dopo aver smesso di frequentare tribunali, stendere atti, scrivere diffide, insomma, dopo aver abbandonato il mondo forense per più di 3 anni. Perché ho fatto l’esame? Così, per diletto, per completare un ciclo e perché, come diceva mio nonno, prendi il titolo e mettitelo in tasca, che non si sa mai. Dopo l’esame non mi sono iscritto all’albo solo per paura di dover pagare la cassa forense e di dover fare gli inutili corsi di aggiornamento per me che non ho la minima intenzione di svolgere la professione, almeno per ora.

Premetto un’altra cosa. Non sono un genio (anzi, mi ritengo un italiano medio qualunque) e non ho avuto tempo di aprire un qualsiasi libro di diritto, né prima dello scritto né prima dell’orale. Non occorre essere geni o ultra-preparati per passare l’esame da avvocato. Occorre solo conoscere il minimo indispensabile, usare il ragionamento e non copiare. Ma vediamo nel dettaglio.

L’esame scritto

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Un motto che girava nella facoltà di Giurisprudenza recitava Privato, mezzo avvocato. Enorme cazzata. Credi a questa specie di proverbio solo al primo anno. Poi scopri che c’è penale, commerciale, procedura civile e capisci che al massimo sei 1/20 di avvocato. Il motto giusto dovrebbe essere scritto bono? Avvocato sono. Certo, la metrica fa cacare, ma il concetto è quello: se fai un ottimo scritto, l’orale è solo una mezza formalità (ma tra poco vedremo pure come passare l’orale).

In cosa consiste l’esame scritto

Il primo giorno d’esame ti verrà richiesto di redigere un parere scritto in materia di Diritto Civile da scegliere tra due diverse tracce. Il secondo giorno ti verrà richiesto di redigere un parere scritto in materia di Diritto Penale da scegliere tra due diverse tracce, mentre il terzo giorno dovrai redigere un atto giudiziario a scelta tra uno in materia di Diritto Civile, uno in materia di Diritto Penale e uno in materia di Diritto Amministrativo.

Gli inutili trolley

Non appena arrivi nella sede dell’esame scopri il popolo dei trolley e per uno che si è allontanato dal mondo dei praticanti e non ha mai fatto la scuola legale la visione è un po’ sconcertante: che ci fa tutta sta gente davanti all’ingresso della sede con i trolley? Avrò confuso il posto? Mi troverò per caso in aeroporto? No, quei trolley sono solo pieni di libri e codici. C’è di tutto: civile, procedura civile, penale, procedura penale, amministrativo, tributario, societario, famiglia, successioni, navigazione, enti locali e, non si sa mai, pure canonico ed ecclesiastico. Io che arrivo lì con una borsetta e i quattro canonici codici (civile, penale e le due procedure), comprati 3 anni prima, mi sento un pesce fuor d’acqua. Poi, in sede di esame, mi sento meglio: quei trolley pieni di libri non servono a un cazzo. Alcuni vengono anche “sequestrati” all’ingresso. I quattro codici bastano e avanzano per tutti e tre i giorni d’esame, anzi, a dire il vero i due codici di procedura non li ho proprio usati in quei tre giorni.

L’ingresso

Dopo una lunga fila e una ressa che non ti dico (ma perché tutta sta fretta di entrare? Tanto i posti sono segnati) ti vengono consegnati i fogli su cui svolgere l’esame e viene effettuato un controllo nelle borse. Tutto ciò che non è un “codice” viene sequestrato. Quindi è inutile che ti porti i compendi Simone, tanto non passano. Ti viene assegnato un numero di posto e, da quel momento, per 3 giorni e per 7 ore al giorno, sarai in reclusione tra quelle mura.

Le comunicazioni con l’esterno

Nelle 7 ore di esame non potrai uscire (ma puoi prenderti un caffè alle macchinette o al bar appositamente allestito per l’esame), tenere con te strumenti atti a comunicare né copiare. Tanto in qualche modo ti sgamano, o durante o dopo l’esame. Certo, qualcuno riesce anche a comunicare col cellulare (una tizia, seduta nella mia fila, ci parlava più volte e si connetteva a internet), ma è meglio non rischiare, anche perché tra l’ansia di essere sgamati e la fretta, non credo si possa riuscire a capire qualcosa. Inoltre molti di noi si son sempre chiesti se quegli strani aggeggi usati dai tecnici per captare le onde elettromagnetiche dei cellulari funzionino o meno. Non saprei, forse no. Ma perché rischiare di essere sbattuti fuori dall’esame? Per un esame così facile, poi?

La dettatura delle tracce

L’aspetto peggiore, per uno come me che ha perso l’abitudine di scrivere a mano (ma che per un praticante abituato a scrivere i verbali d’udienza sarà una passeggiata) è la dettatura delle tracce. Si, perché, per qualche strano motivo, le tracce non vengono dettate e poi, che ne so, scritte su una lavagna o stampate e consegnate ai candidati. No, devi occuparti tu di trascriverle mentre le dettano, cercando di trovare il giusto compromesso tra velocità e leggibilità (dato che dovrai rileggerla molte, molte volte).

Quale traccia scegliere?

A dispetto di quanto ti diranno, la scelta della traccia non conta molto. Se ti capita una traccia di un aspetto che già hai affrontato durante la pratica, bene. Ma se capitano tracce di argomenti che non hai mai trattato, scegli quella che ti sembra la più semplice da affrontare. Per esempio, tra una traccia in materia di successioni e una in fatto di anatocismo bancario, meglio la seconda. Le successioni, si sa, nascondono sempre molte insidie.

Come si fa a scegliere la più semplice? Dai una rapida occhiata al Codice e, dopo aver individuato gli articoli di riferimento (cosa molto semplice se usi l’indice analitico), leggiti qualche sentenza. Ti sembrano semplici da comprendere? Si fanno rimandi ad altri istituti o ad altre sentenze? Bene. Meglio perdere una mezz’ora a leggere le sentenze piuttosto che chiedere consiglio agli altri o ascoltare il parere dei commissari, che – di tanto in tanto – verranno a dare qualche suggerimento.

Vuoi copiare?

Ti sconsiglio di copiare, ma se davvero vuoi farlo, portati qualche fogliettino con su scritto, per ogni singolo atto (citazione, comparsa, decreto ingiuntivo, ecc.) l’incipit, le conclusioni, il mandato e la relata di notifica, tranne se non ricordi tutto a memoria (e dopo 3 anni di pratica, ci sta). Il resto dev’essere tutta una tua creazione. Per i pareri, a mio avviso, non importa copiare. Del resto è un parere. Hai già il codice commentato (al momento la riforma è rinviata di un anno, quindi approfittane!), ossia tutto ciò che ti serve per svolgere l’esame.

Quelli che copiano (dal compagno di banco o dal telefono o che si portano intere cartucciere) sono l’esempio di gente che avrebbe dovuto fare altro nella vita e che prima o poi diventeranno (spero di no…) avvocati, ma da quattro soldi. Del resto sai benissimo che sono tanti i candidati bocciati e per giunta indagati per aver copiato all’esame. A che ti serve rischiare? La tua unica forza è la logica e l’originalità. Lascia perdere anche tutte le cazzate che ti diranno per cui gli scritti nemmeno li leggono o che passano l’esame solo i raccomandati e i figli di papà. Puerili falsità.

Ansia? No grazie.

Non c’è niente di peggio che avere un compagno di banco ansioso, che ti chiederà ogni 3 minuti qualcosa. Per svolgere al meglio l’esame occorre silenzio, concentrazione e una buona dose di alienazione da tutto ciò che ti succede intorno. Quindi se ti capita un ansioso o un chiacchierone, con garbo mandalo a quel paese.

I suggerimenti dei commissari

Dopo un po’ di tempo dalla lettura delle tracce, i commissari cercheranno di aiutarvi indicando quelle che, secondo loro, sono le sentenze di riferimento. Sai benissimo che per ogni traccia si fa sempre riferimento a una o più Sentenze della Cassazione (in special modo a SU) degli ultimi due anni che bisogna azzeccare. Su questo i commissari cercheranno di aiutarvi, ma può capitare che ti mandino in confusione perché tu, nel frattempo, hai elaborato un altro tipo di ragionamento. Ecco, prosegui sulla tua strada senza curarti di quello che ti dicono. Non ascoltare proprio. Non occorre.

In verità quello che più importa non è tanto azzeccare la Sentenza giusta, quanto seguire un iter logico-giuridico che ti porti alla definizione del caso, sia esso un parere o un atto (tra poco li vediamo nello specifico). Insomma, anche se nello scritto indichi una o più Sentenze sbagliate, non importa, importa invece quanto tu sia convincente, usando rigore giuridico e chiarezza nell’esposizione. Punto.

La gestione del tempo

All’inizio 7 ore ti sembreranno un’eternità e infatti, quando uscirai da quell’aula, ormai col buio, andrai sballottolando qua e là per la stanchezza mentale. Lo scritto è un’esperienza logorante ed è per questo che occorre organizzare il tempo sia nell’elaborazione sia nella gestione delle energie. Qualcuno ti dirà che è importante passare la prima ora solo a leggere le tracce. Non mi pare il caso. Come detto in precedenza, è importante, dopo aver letto velocemente le tracce e averne tratto le informazioni essenziali, sceglierne una, rileggerla più e più volte, appuntarsi le informazioni essenziali e andare a cercare l’Istituto, gli articoli di riferimento e leggere con calma le Sentenze commentate nonché gli eventuali rimandi. Dopodiché, in brutta copia, è importante appuntarsi gli articoli, le parole chiave ed eventuali citazioni che ti possono sembrare utili. Il resto del tempo lo puoi usare per iniziare a scrivere, curandoti di lasciare almeno 2 ore per ricopiare tutto in bella. Io che scrivo molto lentamente e ho una pessima calligrafia, ho dovuto usare 3 ore per ricopiare. Ma per la maggior parte della gente normale 2 ore sono sufficienti, anche perché durante la ricopiatura ti capiterà sicuramente di cambiare qualche espressione o di ridurre un periodo troppo lungo e articolato. Quindi gestisci le 7 ore a tuo piacimento, ma calcolando circa 4 ore per le ricerche e la stesura, 1 ora di pausa (da spalmare nelle 7 ore) e 2 ore per ricopiare.

Caffè e sigaretta in bagno

Come detto, qualche pausa è necessaria per sgranchirsi le gambe e allentare la tensione. Un buon caffè è sempre un ottimo alleato. A volte può capitare che durante la pausa, con la mente più distesa, si arrivi a quella conclusione geniale che in aula non arrivava.

Per i fumatori: durante le 7 ore dell’esame non si può uscire dalla struttura e, peggio, dall’area delimitata. Quindi l’unico spazio per fumare sarà il bagno (tranne se non è stata prevista un’apposita area fumatori). Il bagno funge da tutto tranne che da luogo per espletare le funzioni primarie: lì ci si incontra per fumare, scambiarsi pareri, copiare, qualcuno pure per sniffare coca (già, purtroppo ho assistito anche a questo…). Se vuoi entrare ancora di più in confusione, meglio evitare il chiacchiericcio da bagno, perché troverai sempre il finto saputello che dispenserà consigli a tutti sulla sentenza giusta o su cosa scrivere. E’ sempre bene usare il bagno per la pipì, una sigaretta o per sciacquarsi la faccia.

Il parere

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E veniamo ora al parere, che impegnerà il primo e secondo giorno.

Come ben sai il parere consiste in un consiglio che un potenziale cliente chiede al proprio avvocato di fiducia in riferimento ad una questione giuridica che lo coinvolge. Quindi si tratta di un caso concreto da risolvere. Tu allora dovrai assumere le vesti dell’avvocato per risolvere la questione giuridica proposta, cercando di sostenere la tua tesi corroborata dalla Giurisprudenza di legittimità e di merito. In buona sostanza dovrai:

  • introdurre il parere con una breve esposizione dell’istituto giuridico in esame;
  • fare tutti i riferimenti normativi e dottrinali dello stesso;
  • indicare la giurisprudenza risolutiva del caso di specie;
  • dare la soluzione al cliente.

Non per forza la soluzione dev’essere favorevole per il cliente. Non stai scrivendo un atto, per cui difendi il tuo cliente, ma stai solo dando il tuo parere sulla questione posta, quindi, in base alla traccia e alla giurisprudenza trovata, calcola che dovrai fargli capire cosa dice la giurisprudenza maggioritaria e quella minoritaria, e se vuoi dargli una soluzione favorevole, ma sostenuta da una giurisprudenza minoritaria o carente, dovrai sottolinearlo.

Il parere è lo scritto più importante, per cui bisogna seguire questi semplici consigli: dev’essere breve (al massimo 2 o 3 facciate di foglio), rigoroso ma di semplice comprensione, inoltre l’introduzione con l’inquadramento dell’istituto dev’essere giusto di 3 o 4 righe. Niente di più. Quello che conta nel parere è la capacità di applicare l’istituto astratto al caso concreto. Quindi è molto importante evitare lunghe copiature delle sentenze o della dottrina, ma citare solo le parti che fanno al caso nostro, in modo che il cliente capisca ciò di cui stiamo parlando. Insomma, devi fondere nel tuo discorso le parti giurisprudenziali e dottrinali che ti interessano, in modo da rafforzare la tua tesi. Cita le sentenze favorevoli e quelle contrarie e metti in risalto i possibili vantaggi e svantaggi per il cliente nella soluzione della questione. La classica struttura hegeliana di tesi antitesi e sintesi funziona sempre: indica la tua opinione, corroborata dalla giurisprudenza (anche minoritaria, non importa), indica la giurisprudenza o la dottrina che dice il contrario e poi sintetizza evidenziando i pro e i contro. Se c’è una recente Sentenza della Cassazione a SU che conferma la tua opinione, è fatta. Non occorre citare altro.

Il linguaggio usato dev’essere rigoroso, ma a tratti colloquiale, perché non stai parlando a un giudice, ma all’uomo della strada, che deve capire ciò che dici.

L’atto giudiziario

In questo caso stiamo parlando a un Giudice e la forma è determinante per la buona riuscita dell’atto. Se hai fatto una buona pratica, scrivere un atto sarà molto più facile che scrivere un parere. Anche in questo caso vale la stessa regola: brevità. L’atto dev’essere lungo al massimo 3 facciate. Non c’è niente di peggio che costringere il futuro esaminatore a leggere lunghi panegirici e noiose copiature di Sentenze. Come per il parere, le Sentenze da citare dovranno essere quanto più brevi possibile e stilisticamente fuse nelle nostre argomentazioni.

Quali sono gli atti che usciranno? Ti potrà capitare di tutto, ma di solito propongono sempre la comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale (civile) e l’atto di appello (penale).

In sintesi

Non smetterò di ripeterlo. Uno dei segreti della buona riuscita dello scritto è: semplicità e brevità. Vai subito al sodo, evita complessi giri di parole, lunghi periodi e lunghe citazioni di Sentenze e fondi le massime delle Sentenze nel tuo discorso. Evita soprattutto gli errori grammaticali. Inutile dire che sono la prima causa di bocciatura. Anche una buona calligrafia è essenziale. Scarteranno subito il tuo scritto…se non capiranno cosa c’è scritto! Ti sembrerà paradossale, ma dai più importanza alla copiatura in bella che a tutto il resto. Il diritto è fatto di interpretazioni, quindi ogni tesi (se sostenuta da dottrina e giurisprudenza, anche minoritaria) ha diritto di cittadinanza. L’importante è far capire cosa si sta dicendo, in termini di sintassi, grammatica e logica. L’esame da avvocato non è difficile, anzi. Il numero elevato di bocciature dipende da tanti che non sanno nemmeno scrivere in italiano e che non sanno far capire agli altri cosa stanno dicendo.

Hai sbagliato la Sentenza?

Andando a rileggere, dopo ogni scritto, le soluzioni trovate in rete, potrai deprimerti, perché magari hai scoperto di aver citato Sentenze sbagliate. Come detto più volte in precedenza, fregatene. Tu devi seguire un tuo iter logico-giuridico e citare le Sentenze che sostengono la tua tesi. Se sono maggioritarie, ben venga, altrimenti non importa. Tu devi dimostrare di saper fare l’avvocato, non il giudice, quindi devi usare lo strumento della giurisprudenza a tuo vantaggio e dimostrare di saper essere convincente seguendo un processo logico tuo personale. Del resto saprai meglio di me che i grandi avvocati sono quelli che cambiano il diritto e che convincono i giudici a seguire una certa tesi, anche priva di giurisprudenza. Non devi certo arrivare a tanto, ma devi essere consapevole che l’esame non è un quiz a premi che consiste nell’indovinare la Sentenza giusta, ma è la dimostrazione che tu sai scrivere un testo giuridico, usando argomentazioni valide, citando la giurisprudenza (e la dottrina) a tuo vantaggio e risolvendo un caso pratico o convincendo un giudice a seguire la tua tesi.

L’Esame orale

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Intorno a metà giugno conoscerai l’esito dello scritto. Il minimo per passarlo è 90, quindi con un minimo di 30 punti per prova, superi lo scritto.

Se avrai seguito questi consigli l’avrai passato, anche con un punteggio minimo. Chissenefrega. Io ho preso 35 per ogni scritto, senza aver aperto un libro di diritto per 3 anni.

Quali materie si portano all’esame orale?

Dovrai scegliere 5 materie, che avrai precedentemente indicato in fase di iscrizione, tra costituzionalecivilecommercialelavoropenaletributario, procedura civile o penale, internazionale privato, ecclesiastico, comunitario, amministrativo. Ricorda che una delle cinque materie scelte deve per forza essere una procedura a scelta tra civile e penale. Infine l’ultima domanda dell’orale è relativa alla conoscenza dell’ordinamento forense e dei diritti e doveri dell’avvocato.

Scegli il pre-appello

Tutti quelli che hanno passato lo scritto sceglieranno di sostenere l’orale all’appello ordinario, che di solito parte a settembre. Ma dato che tu che mi stai leggendo non sei tutti quanti, sceglierai di sostenere l’esame al pre-appello, che di solito si svolge a luglio. Ma come! – mi dirai – dovrò fare l’esame nemmeno un mese dopo aver conosciuto l’esito dello scritto? Si, certo. Per due ragioni: la prima è che sarete in pochissimi, quindi eventuali figure di merda si attenueranno; la seconda è che gli esaminatori sono molto più distesi, tranquilli e benevolenti nei confronti degli arditi candidati che hanno scelto il pre-appello.

Chiaramente non potrai studiare tutte le materie che hai scelto di portare all’orale in pochissimo tempo. E infatti, se puoi, inizia a studiare subito dopo lo scritto. Avrai 7 mesi per prepararti. Non sono pochi. Mettiti in testa che se non copi e segui i consigli appena dati, lo scritto lo passi. Non dar retta alle leggende metropolitane. Se sei originale e chiaro nell’esposizione, breve, segui un iter logico e conosci la lingua italiana, lo passi.

All’orale ti faranno partire con un breve commento allo scritto. Quindi è bene ripassarlo (tanto la brutta copia resta a te). Poi ti chiederanno un argomento a piacere oppure inizieranno – a turno – a farti domande sulle materie che hai scelto di portare.

Il tutto si svolge in un clima tutto sommato colloquiale, perché – lo ripeto – siete in pochi e gli animi sono più distesi. Alla fine di ogni esame tutti gli astanti escono dall’aula e i commissari stabiliscono il voto, che va a sommarsi a quello dello scritto. Il minimo per passare l’esame è di 180 punti.

Insomma, vai con tranquillità a fare scritto e orale e ricorda che viene premiato chi dimostra una cosa semplicissima: saper scrivere e usare la logica. Nient’altro. In bocca al lupo!

27 commenti su “Esame da avvocato. Come passarlo”

  1. Dovrò sostenere l’esame a dicembre e mi sento un pesce fuor d’acqua. Ho un lavoro, un marito e due figli piccoli e veramente poco tempo per prepararmi. Sto frequentando uno dei famosi corsi di preparazione in modo scostante, sempre per via del poco tempo a disposizione. Ogni correzione è un massacro, non sono mai riuscita a raggiungere la sufficienza.
    A questo punto sto cominciando a dubitare delle mie capacità in termini di scrittura, eppure ero sicura di saper scrivere abbastanza bene.
    I miei “insegnanti” mi hanno detto il contrario di quello che hai scritto tu: è importante trovare la sentenza giusta, scegliere sempre la tesi maggioritaria, non usare un tono colloquiale ma scrivere in “giuridichese”.
    Chissà se la verità sta davvero nel mezzo, o se è tutta una questione di fortuna, come molti si ostinano a sostenere.
    Congratulazioni per aver passato l’esame. Vorrei poter dire lo stesso l’anno prossimo di questi tempi. :p

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    • Credimi, la “sentenza giusta” è una favoletta. L’importante è seguire un iter logico-giuridico che ti porti a dare sostegno alla tua tesi. Anche se non “becchi” la sentenza giusta, quello che conta è far capire di aver imparato come dimostrare una tesi e darle sostegno attraverso la giurisprudenza. La cosa più importante non è indovinare una sentenza, ma portare avanti una tua tesi (non importa se giusta o sbagliata) che sia suffragata dalla giurisprudenza (anche minoritaria). Convinci la commissione che sai di cosa parli, sii sintetica e cita solo poche parti delle sentenze che trovi, senza essere troppo prolissa. Fidati. L’originalità premia. E sono sicuro che sai scrivere, lo hai dimostrato con questo commento. In bocca al lupo!

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  2. Quindi mi sembra di intuire, in base all’esperienza narrata,che il diritto processuale non è necessario ripassarlo ai fini dello scritto? Grazie per i consigli!

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    • Esatto, è totalmente inutile, perché per il parere ti servirà conoscere solo il diritto sostanziale ed eventualmente suggerire al cliente il tipo di azione da intraprendere (ma questo solo a grandi linee, non occorre entrare nel dettaglio della procedura), mentre per l’atto sai già il tipo di procedimento. Ad esempio, nella traccia di civile, saprai già se si tratta di citazione, comparsa, opposizione a DI, ecc. ecc. Quindi ti puoi limitare solo a ripassare le formule di rito relative alle diverse tipologie di atto, ma per questo ci sono le cartucciere 😉 😛

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  3. Uso i tuoi stressi criteri ma i miei voti sono stati all’ultimo esame 28, 28, 28, possibile tutti uguali i voti? Chi corregge se alla fine è in ritardo butta voti a caso per arrivare alla quota prefissata. Molti esamiatori che sono avvocati non hanno tempo di leggere attentamente gli scritti. La solita pagliacciata all’italiana….a mio parere!!! Andrò a fare percorso estero….

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    • anche a me hanno messo tutti voti uguali. Non saprei, probabilmente ti sarà capitato un esaminatore superficiale.
      A dire il vero anche io ho seguito il percorso estero, non per volontà, ma perché ho fatto un tirocinio formativo in Spagna e, giacché ero lì, ho seguito il percorso di omologazione del titolo, per fatti miei. Ma alla fine non ho convertito il titolo di abogado in Italia, perché volevo provare l’esperienza dell’esame. Che dirti…fino a quando mi sono interessato (nel 2012) so che nel mio consiglio dell’ordine erano restii ad omologare i titoli stranieri di cittadini italiani, ma ora non so come siano cambiate le cose. Ad ogni modo è sempre un’alternativa da provare.

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    • anche io ci avevo pensato, ma alla fine non conviene assolutamente. Mi hanno chiesto 10k euro + almeno 2 viaggi a madrid x esami; la procedura dura + di 2 anni, nei quali devi anche studiare spagnolo e diventi abogado… Peccato che i giovani avvocati oramai guadagnino, se tutto va bene, circa di 1k euro al mese, dai quali sottrarre la cassa e tutta le spese… Siamo diventati troppi, 240k! Magari una 15na di anni fa ne valeva la pena… mi sto buttando sui concorsi pubblici tipo funzionario giudiziario. Questa professione l’hanno fatta diventare una barzelletta… con la liberalizzazioni delle università, l’abilitazione sorteggiata etc. E dopo 35 anni di cassa mi zio andrà in pensione con il minimo, 1030 euro al mese, e dovrà per forza continuare a patrocinare, a 72 anni, senza tfr. Una vergogna!

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  4. Ciao! Grazie per l’articolo, mi sono ritrovato perfettamente nella tua disamina. Anch’io utilizzo uno stile molto sintetico nello scritto. Non ho mai frequentato corsi. Nelle prove appena pubblicate per la Corte d’Appello di Brescia, dove appunto sostengo l’esame, ho preso nelle tre prove rispettivamente 40, 48 e 35. Voti molto alti, tant’è che in molti mi dicono che l’orale sarà una formalità (non farò il preappello), ma io sono comunque preoccupato perchè a Brescia notoriamente steccano.. non vorrei che i capricci di un commissario vanifichino i miei scritti.. le materie sono davvero molte.. tu hai impiegato un metodo di studio in particolare?
    Ancora grazie e complimenti

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    • Ciao Beppe, intanto complimenti per lo scritto! Hai preso ottimi voti! Ma ciò, come ben dici, non significa che l’orale sarà una formalità, ma che partirà con il piede giusto, questo sì. Infatti già dalle prime domande i commissari dovrebbero essere più tranquilli, perché si partirà con la disamina dello scritto e lo hai fatto bene, quindi ti suggerisco di dargli giusto una lettura per rinfrescarti la memoria.
      Purtroppo nel mio caso non ho studiato nulla nemmeno per l’orale. In quel periodo lavoravo tutti i giorni e quasi tutto il giorno e ho giusto dato una lettura solo ad un compendio di diritto privato internazionale, dato che non avevo fatto l’esame all’università e non ne sapevo nulla. Per il resto ho solo riletto un po’ la costituzione e il codice deontologico. Devo dire di essere stato fortunato, perché le domande di procedura civile rispecchiavano cose che avevo fatto durante la pratica, così come con le domande di diritto amministrativo, mentre le domande di costituzionale e internazionale privato le avevo studiate…ascoltando le risposte di quelli che avevano fatto l’orale prima di me. Infatti nel pre-appello ero l’ultimo e, giocoforza, ho ascoltato l’esame di tutti gli altri.
      Se vuoi giusto un consiglio, evita di studiare lunghi manuali. Concentrati più sulla sintesi degli istituti delle materie scelte e studia da un buon compendio. Di tempo ne hai e sicuramente sarai più avvantaggiato rispetto a quelli che hanno preso voti più bassi allo scritto.
      In bocca al lupo e buono studio!

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  5. Ho superato l’esame qualche anno fa, ma rileggendo il tuo post mi sono veramente ritrovato in quel periodo. è molto interessante quello che scrivi. Bel post!

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  6. Ciao! Io dovrò affrontare l’esame scritto quest’anno. A dire la verità solo a pensarci mi scappa la voglia: il mio sogno non è fare l’avvocato ma , come hai scritto tu nell’articolo, il titolo fa e mi piacerebbe ottenerlo. Vorrei però sapere e avere conferma di questa cosa, cioè se vale la pena tentare di prendere il titolo nella realtà di oggi. Grazie stefano

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    • Ciao Stefano, grazie per il commento. Dato che nell’articolo ho raccontato la mia personale esperienza, ti risponderò allo stesso modo: a me il titolo, fino ad oggi, non è servito. Non mi sono mai iscritto all’ordine e ogni volta che, mio malgrado, devo calpestare la sgradevole erba del diritto in qualche incontro/dibattito a cui mi invitano, non so mai se qualificarmi come “avvocato” o genericamente come “giurista”. Un collega una volta mi disse “se hai superato l’esame allora puoi farti chiamare avvocato”, ma poi vai a spiegare alla gente (e soprattutto ai maligni che spulciano l’albo per cercare il tuo nome) che sì, sei avvocato, ma non sei iscritto e non eserciti.
      Quindi no, il titolo al momento non mi è servito e onestamente credo che non serva a granché. Se decidi di fare qualche concorso, serve. Ma secondo me prima del titolo servono le competenze e se non eserciti si perdono. Quindi il titolo è un po’ come una bella confezione regalo, che racchiude un regalo di merda: esteriormente è bello, ma dentro ci sta una cacata. Detto in altri termini: il titolo va di pari passo con la volontà di sfruttarlo e le competenze necessarie. Se mancano questi presupposti è solo una bella carta regalo. Niente di più.

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  7. Ciao, a Dicembre sosterrò lo scritto e nonostante l’impegno nello studio teorico di libri, pareri e sentenze, ancora non riesco a iniziare la redazione di un parere partendo da una traccia nuova. Anche se l’istituto in questione è apparentemente semplice (es. locazione, mandato..) trovo difficoltà nel partire. Che consiglio mi potresti dare? Grazie e complimenti per l’articolo.

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    • ciao Marco, il parere, a mio avviso, è la traccia più semplice anche se insidiosa. Semplice perché stai scrivendo al tuo cliente e non ad un giudice, quindi dovrai essere colloquiale anche se rigoroso nell’esposizione. Insidiosa perché si rischia sempre di fare lunghi panegirici di sentenze e dottrina che spesso sono completamente inutili. Parti da una breve illustrazione del caso concreto (la traccia ti suggerirà come iniziare) e poi esponi, senza troppi giri di parole, cosa dice la giurisprudenza dominante, poi esponi ciò che sostiene la giurisprudenza minoritaria e tieni sempre a mente che stai scrivendo ad un cliente, quindi non devi convincerlo, ma esporre i pro e i contro relativi al suo caso concreto. La dottrina lasciala perdere, è inutile in questo caso. Dì semplicemente cosa dice la giurisprudenza e poi, alla fine dello scritto, esprimi il tuo consiglio. Mi raccomando sii breve e conciso. Usa al massimo 3 facciate per il parere e non ti perdere nel riportare lunghe parti di sentenze, esprimi solo il concetto fondamentale. E’ quello che conta.

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    • Ciao Antonella, ti ringrazio 🙂
      Ho usato i codici della Celt, che erano i più economici 😀 Per quanto riguarda i manuali, non saprei dirti…ho comprato qualche compendio della Simone, un manuale di diritto internazionale privato e per il resto ho usato i manuali dell’università, ma siccome lavoravo e non avevo tempo, li ho solo sfogliati. Comunque i manuali dell’Uni, se non sono troppo vecchi, vanno benissimo, mentre per ripassare un compendio qualsiasi va più che bene.

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  8. Ho seguito i consigli e mi sono trovato bene in sede di esame, avevo seguito anche il corso intensivo alla scuola forense.. Purtroppo a luglio è arrivata la doccia gelata: tre 20. Dopo accesso agli atti, ho visto che, come tantissimi altri, non erano stati corretti nè motivati, solo valutati con voti fotocopia: agghiacciante. Non li leggono nemmeno a Napoli, su 12k elaborati ne leggeranno si e no 2-3k, il resto mettono voti a caso. Ho i pdf dei compiti+verbale se vuole dare un’occhiata. Li ho mandati anche al ministero ed al mio Coa, ma nn frega nulla a nessuno. La legge forense parla di correzione, ma dopo 7 mesi di attesa me li restituiscono pari a quando li ho consegnati. Una vergogna assoluta. E poi si lamentano se i compensi sono calati sotto zero… E’ logico: hanno fatto entrare a sorteggio cani e porci, ora sono 240k e si lamentano degli scarsi guadagni

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    • ciao Franco, grazie per aver condiviso la tua esperienza. Purtroppo molto dipende dalla commissione esaminatrice e dallo zelo dei singoli commissari che correggono gli scritti. Tra l’altro è un controsenso costringere esaminandi e commissari a redigere e correggere degli scritti a mano, quando oggi ormai tutto si fa in via telematica, mezzo con cui sarebbe molto più comodo e veloce sia redigere sia correggere gli elaborati. Ma si sa che l’ordine degli avvocati è gerontofilo, classista e restio all’innovazione e alla meritocrazia. Ma come ben dici nell’altro commento, svolgere la professione, oggi, non ha più molto senso, sia per l’affollamento, gli scarsi guadagni che non sono proporzionati all’intensità del lavoro e anche perché l’accesso alla giustizia pubblica è diventato sempre più oneroso e complesso, anche per via delle riforme e ai giovani avvocati restano le briciole, mentre i grandi studi polarizzano i clienti più danarosi e lavorare in quegli ambienti significa essere sfruttati a 500 euro al mese per 10/12 ore al giorno.

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  9. Ciao,
    è utile iscriversi ad un corso pratico intensivo? sono indecisa se iscrivermi alla ius&law perchè molto dispendiosa.

    Attendo tuo cortese consiglio

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    • ciao Stefania, non saprei…ho sempre visto di mal occhio i corsi intensivi, perché spesso sono solo mezzi per far cassa e illudere gli iscritti. Secondo me e in base alla mia esperienza, è sufficiente studiare dai manuali dell’università, da qualche compendio e, soprattutto, aver fatto una buona pratica.

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  10. Ciao! Innanzitutto complimenti per il post, è completo e riesce a dare una bella carica!
    Volevo chiederti consiglio per l’atto, avendo fatto pratica forense solo in maniera approssimativa (ho svolto un tirocinio presso magistrato), sono veramente in difficoltà.
    Dove e come studiarli? Ma sopratutto considerare l’opzione di copiare almeno lo schema d’impostazione pensi possa essere relativamente risolutiva?

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    • ciao Marti, grazie a te per il commento.
      Nel mio caso è stato sufficiente copiare solo incipit e conclusioni, perché sono formule e, dato che ho fatto l’esame anni dopo la fine della pratica, non mi andava di impararli a memoria, mentre il resto è inutile copiarlo, perché si trova tutto sul codice. A proposito, non so se sono ancora ammessi i codici commentati, ma se sono ammessi, lì c’è tutto: giurisprudenza e anche la dottrina. Quindi è sufficiente costruire l’atto sulla base della giurisprudenza, facendo i dovuti rimandi tra norme e istituti.
      E comunque, visti anche gli altri commenti, l’esame è una sorta di terno al lotto. Però resto sempre dell’idea che fare un buono scritto, originale, breve e senza troppe copiature, evita quantomeno che il commissario lo scarti senza finire di leggerlo (augurandoci che lo legga). In bocca al lupo e buono studio!

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  11. Ciao. Io affronterò l’esame nel 2020 quindi il primo che dovrebbe svolgersi senza codici commentati. Non potrò seguire alcuna scuola e per questo sono in crisi: come faccio a capire in che modo scrivere correttamente un parere senza rischiare che ai commissari possa sembrare un tema? Come coniugo lo studio del diritto sostanziale all’esercizio scritto?
    E per l’atto? Si potranno utilizzare i formulari?

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    • ciao Alessandra, intanto ti ringrazio per il tuo commento. Mi dispiace che sarai costretta ad affrontare l’esame senza i codici commentati. Il codice commentato è stato – finora – l’unico strumento in grado di far affrontare le prove senza grossi studi alle spalle. Dall’anno prossimo non so davvero come andrà, anche perché sarete i primi a fare l’esame con il “metodo nuovo” e credo che anche i commissari saranno disorientati tanto quanto voi. Ma non vorrei demoralizzarti dicendoti che, secondo me, questa scelta è frutto della volontà, da parte dell’ordine, di tagliare le gambe a quanta più gente possibile e quindi, molto probabilmente, saranno impietosi in sede di correzione. Tuttavia credo pure che anche i manuali dedicati all’esame si adegueranno a questa nuova impostazione e quindi saranno presenti più massime di sentenze rispetto al passato. L’unica cosa che mi sento di consigliarti, quindi, è di acquistare un buon volume per la preparazione alla stesura di pareri e un altro per quanto riguarda la stesura degli atti e memorizzare quantomeno le massime e i numeri delle sentenze. Al più, nella stesura del parere, potrai sempre fare riferimento alla giurisprudenza senza dover per forza indicare numero e anno di pubblicazione. Del resto il parere è destinato al cliente, quindi dovrà essere redatto in modo da essere facilmente comprensibile. Credo che le difficoltà maggiori ci saranno alla stesura dell’atto, dato che lì quantomeno un paio di sentenze vanno citate.
      Insomma, evita i corsi ma cerca di studiare bene dai manuali. So che quelli della Simone e della Maggioli sono ben fatti per quanto riguarda la preparazione pratica dell’esame. In bocca al lupo e buono studio!

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