Elezioni politiche 2018. Prima e dopo.

Sono due le cose che ormai non ci stupiscono più in tema elettorale: le promesse puntualmente non mantenute e il ricambio di governo. Sul primo punto le varie liste che si presentano alla tornata elettorale si stanno sfidando a suon di soliti proclami: tasse da abbassare, pensioni da aumentare, ambiente da difendere, redditi da regalare.

Eh vabbè, ci siamo abituati. Un vecchio adagio dice: “prima delle elezioni promesse a milioni, dopo eletti, hai voglia se aspetti”. I proverbi, si sa, hanno sempre ragione.

Sul secondo punto sembra chiaro – anche se il dubbio è regola aurea – che a questo giro il PD, che ha perso qualche “pezzo grosso” confluito in “Liberi e Uguali” (e che se li tenessero pure), non ha grandi speranze di tornare al Governo, non almeno in questo cupo scenario sociale in cui ci stiamo gradualmente abituando a vivere, intriso di populismi e preda di estremismi più o meno lampanti e più o meno facilitati ad ottenere la scena mediatica, quindi, a quanto ne possiamo sapere basandoci sui sondaggi e su come tira l’aria, la partita si giocherà tra la coalizione di destra (composta da Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia-Udc) e il Movimento 5 Stelle, i quali – nonostante le batoste prese di recente (in tema di rimborsi e con la vicenda dell’imprenditore Caiata), possono pur sempre contare su una base elettorale tutt’oggi inquantificabile, liquida e quindi idonea a rappresentare l’ago della bilancia di un movimento anch’esso liquido e senza una chiara e precisa ideologia politica. Se è vero che le destre ottengono consensi striscianti e invisibili è anche vero che il M5S conta sempre sulla fetta più importante dell’elettorato italiano: gli indecisi e i disillusi.

Ciò detto e fermamente convinto che il PD ha concluso la sua fase di governo e che la regola della turnazione può assurgere a legge naturale della res politica, resta da capire cos’è che promette sta gente all’elettorato.

I programmi dei partiti e le promesse elettorali

C’è un aspetto che è cambiato molto rispetto al vecchio modo di fare politica. Se prima i partiti, nel bene e nel male, avevano un’idea più o meno chiara dei propri obiettivi e quindi ragionavano in termini di rapporto tra ideologia, obiettivi e visione della cosa pubblica, i partiti di oggi, al contrario, non avendo una chiara ideologia né obiettivi a lungo termine, inseguono le esigenze dell’elettorato e, con il solo obiettivo di accalappiare quanti più voti possibile, si appiattiscono ideologicamente e finiscono per promettere tutti le stesse cose, pur se con linguaggi diversi. Inoltre, sempre a differenza del vecchio modo di fare politica, si finisce per promettere la luna senza però fare i conti con la realtà, ossia con la copertura finanziaria di ciò che si va a promettere. Tanto – penseranno loro – l’importante è promettere, non importa attuare.

Ma cosa promettono?

PD + altre liste minori

renzi

Il PD parte dal tema lavoro e promette un lavoro di qualità. Come, non si sa. Se il jobs act è l’embrione del concetto di “lavoro di qualità”, allora lo scarto tra promessa e realtà (il cui sinonimo sta qua) appare essere alquanto evidente. Chiaramente non può mancare la promessa della riduzione delle tasse per le famiglie e le imprese né l’immancabile aumento dell’indennità di accompagnamento per i non autosufficienti. Poi c’è il tema delle opere pubbliche, pallino fisso dell’ex premier Renzi, il quale si azzarda anche in un volo pindarico volto alla chiusura e riconversione delle centrali a carbone. Infine la promessa di aumentare il numero di ricercatori e stabilizzarli nonché quella dello ius soli, ma a determinate condizioni.

La destra

salvini

Qui si sono sbizzarriti assai. Poco c’è mancato che promettessero ricchi premi e cotillon e un viaggio gratis alle Maldive. In 11 pagine di programma elettorale ci troviamo di tutto: si va dall’aumento delle pensioni minime alle pensioni alle mamme, dal raddoppio dell’assegno minimo per le pensioni d’invalidità ad un piano straordinario di riqualificazione delle periferie, passando dagli asili nido gratuiti all’abolizione di bollo auto, delle tasse di successione e di equitalia. L’idea principale della destra è la flax tax, cioè una tassa unica su famiglie e imprese che Berlusconi vorrebbe al 23% e Salvini al 15%. Tuttavia nel programma non si fa riferimento a numeri o coperture finanziarie, rendendo il programma una mera promessa senza prospettive di attuazione. Sul piano sociale è immancabile la voce rimpatrio di tutti i clandestini e l’allargamento del concetto di legittima difesa, tema caro all’estrema destra e appoggiato da Berlusconi solo al fine di mantenere salda la coalizione.

Il M5S

di_maio

Partendo dall’assunto che l’Italia ha circa 200.000 leggi, quindi una giungla normativa, il M5S mette in programma l’abolizione delle leggi inutili, senza però specificare quali. Gli altri punti – ormai noti – sono il Reddito di cittadinanza e una nuova concezione di lavoro smart, mettendo al centro le nuove tecnologie e nuove forme di lavoro. Su questo versante il M5S parla di riforma dei centri per l’impiego e di riduzione dei cuneo fiscale e dell’Irap, tassa citata da tutti gli altri contendenti e di cui si parla, senza alcuna attuazione, sin dai tempi del compianto governo Prodi. Come ogni buon programma elettorale che si rispetti, anche il M5S parla di aumenti di personale (nelle forze dell’ordine, nelle commissioni locali per la gestione dei migranti, nella sanità pubblica e nell’istruzione, ecc.) e di tagli delle spese inutili. Tuttavia, come i loro concorrenti, nel programma non vengono indicate le misure necessarie per l’attuazione del programma.

Obiettivi chiari e misurabili

Chi mi legge e mastica un po’ di gestione aziendale o, più semplicemente, ha mai partecipato a un bando pubblico, conosce benissimo il concetto di obiettivo misurabile. Tu puoi promettere il mondo sulla carta, ma quando lo fai devi anche dare degli indicatori obiettivi grazie ai quali puoi misurare il tuo operato, controllarlo, agire e, all’occorrenza, correggere gli errori. Un programma elettorale non è un libro dei sogni, ma un piano a breve, medio e lungo termine, in cui si esplicitano gli obiettivi e si dice come e con quali mezzi s’intende raggiungerli. Se parlo di “tagliare le tasse”, devo poi spiegare come, con quali entrate o con quali altri tagli posso raggiungere quest’obiettivo. Poi i numeri possono anche essere sbagliati. E’ umano, è normale. Ma l’importante è indicarli. Nei programmi attualmente presentati non v’è traccia, se non qualcuna sporadica, ma buttata lì, quasi per caso.

Cosa succederà dopo?

Non è difficile immaginare cosa accadrà dopo le elezioni. Ma facciamo una proiezione.

Governo PD (poco probabile)

pd-logo-partito-democratico

Con Renzi premier l’Europa tira un sospiro di sollievo. Il PD attualmente è l’unico partito che può dare stabilità al paese. Ma a che prezzo? Al prezzo della svendita dell’Italia alle regole imposte da paesi forti come Francia e Germania, che – dopo aver spolpato la Grecia e imposto i propri diktat a Tsipras, ora contano di fare lo stesso con l’Italia. Quando nel 2011 cadde il governo Berlusconi, fu a causa delle pressioni che Francia e Germania fecero sull’Italia, in quanto l’inaffidabilità del premier pesava sulle rigide manovre imposte dai due governi in Europa. I mercati erano incerti e lo spread era incontrollabile, come le emorroidi della Merkel. Fu per questo che fu imposto a Napolitano di individuare un nuovo esecutivo. E la scelta cadde su Monti, con grande gioia dei galletti e dei crucchi.

Tuttavia la “svendita” dell’Italia, con un governo a timbro PD, è bilanciata dalla stabilità economica e da una crescita di un 0,001 punto percentuale che – alla lunga – potrebbe rendere ottimistici i mercati interni e internazionali. Insomma, un po’ come comprare a 100 e vendere a 10. Hai l’illusione di vendere, ma non guadagni. Però vendi. Comunque, sullo scenario politico attuale, è l’unico partito che ogni tanto dà qualche contentino alle aziende.

Governo delle destre (alta probabilità)

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Un governo a firma Berlusconi, Salvini e Meloni farebbe tremare l’Europa. I mercati subirebbero un colpo tremendo e la finanza europea brucerebbe in un solo giorno (il 5 marzo) qualche milione di euro. Gli investitori stranieri scapperebbero dall’Italia (il ché non è per forza un male) e tutto ciò peserebbe sui delicati rapporti europei ed internazionali. Il governo potrebbe durare dai 2 mesi ad un anno, poi i dissidi interni si paleserebbero in modo incontrovertibile e l’Europa ne approfitterebbe per spingere Mattarella a formare un nuovo esecutivo. Del resto una coalizione tenuta insieme con la sputazza non è il massimo per la stabilità del paese e per la credibilità internazionale.

Governo a 5 stelle (probabilità incerta)

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Loro rappresentano l’unica incognita nello scenario politico interno. L’unico paragone che si può fare – a livello di governo – è quello della città di Roma, ma non sarebbe sufficiente per esprimere un giudizio preventivo sull’operato di governo. Come accade con gli altri partiti, il programma non è idoneo per essere preso a modello del futuro operato, in quanto manca di indicatori chiari e misurabili nel breve e medio termine. Data l’inesperienza politica e una base liquida e multiforme, l’unico modo che hanno per sopravvivere al governo sarebbe quello di arroccarsi in un vertice forte e composto da persone preparate e capaci di mediare con l’opinione pubblica, le lobby, l’Europa e la comunità internazionale. Ne saranno capaci? Anche in questo caso la comunità europea e i mercati storcerebbero il naso e non è da escludersi il rischio di rimpasti e cadute del governo sia per dissidi interni che per mano estera.

In conclusione

Votare è un dovere ed è una conquista che sembra sbiadita, ma che ci è costata tanto sangue e dolore, quasi 70 anni fa. Ci sono anziani, ancora vivi, che ricordano i tempi in cui la democrazia sembrava un sogno. Il voto sembra una cosa inutile e ci sono tante persone che nemmeno 2 anni fa si lamentavano di non avere diritto al voto, quando Renzi diventò premier senza passare dal voto. Quanta gente gridò allo scandalo perché non gli fu concesso di votare? Oggi quella stessa gente propende per l’astensionismo e, stupidamente, rinnega quel diritto che poco tempo fa pretendeva. Quindi vai a votare. Lo so che è difficile scegliere, che qua si tratta di votare tra una peretta gigante o un panino alla merda. Ma vota. La scelta è sempre tra una peretta gigante e un panino alla merda.

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