La musica di Young Signorino è arte o non è arte?

Pochi giorni fa sono venuto a conoscenza dell’esistenza di Young Signorino, un ragazzo di 19 anni balzato agli onori della cronaca social-musicale sia per i testi delle proprie opere (tipo: Mmh Ha Ha Ha, solo per citare una delle più celebri opere pubblicate su YouTube) sia per l’eclettismo con cui ha (hanno) costruito la sua immagine pubblica, dato che riferisce di essere figlio di satana e che educa suo figlio (di 2 anni) a chiamarlo papà satana. Inoltre il volto tatuato e l’abbigliamento griffato e a metà strada tra il casual e l’elegante hanno contribuito all’affermazione pubblica del personaggio.
A parte questi tratti salienti che ne hanno fatto un personaggio discusso e discutibile (e che, come accade spesso in Italia, ha creato tifoserie avverse tra i detrattori e i sostenitori del personaggio), ciò che colpisce è l’aspetto musicale, poiché gran parte dei testi delle sue opere consistono in versi senza un significato preciso. I temi però risaltano subito alle orecchie di chi l’ascolta (e non solo alle orecchie…) e passano dalla paranoia ai disturbi mentali al consumo di droga, temi che tratta non solo nelle sue canzoni, ma anche e soprattutto sui social, come Instagram. Ma ciò che colpisce maggiormente è la base musicale. Lui sostiene di essere il Marilyn Manson italiano e di ispirarsi anche a musicisti come Einaudi ma si ritiene comunemente che sia uno dei più discussi e controversi fautori della trap italiana (un hip-hop molto duro, nato in America e che si basa sul disagio della vita di strada e del consumo di droga), caratterizzata da testi cupi e minacciosi nonché da basi musicali minimali, spesso elettroniche, ripetitive e quindi in un certo modo ipnotiche, nonché aggressive.

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Young Signorino, foto tratta da Rolling Stone

Poche sere fa mi trovavo in compagnia di amici, quasi tutti appassionati di musica e musicisti per hobby, e la reazione nel leggere la biografia del Signorino e nell’ascoltare i suoi brani è stata quantomeno superficiale. Tra espressioni di derisione e frasi tipo “questo non è un musicista”, “che schifo di personaggio” e “se lo becco per strada lo corco di mazzate”, all’improvviso mi sono ammutolito e ho smesso di partecipare alla dotta conversazione.

Come dicevo prima, spesso quando nascono queste meteore musicali, la reazione dell’italiano medio è quella di entrare subito in una tifoseria: c’è chi disprezza e chi apprezza o fa finta di essere giovane e cerca di comprendere sia il personaggio che la musica. Al momento, però, non ho ancora trovato né in rete né nelle conversazioni chi abbia approfondito la ragione per cui nascono (e spesso muoiono, in modo rapido) certi fenomeni.

Qualcuno si chiederà cosa c’entra il contenuto di quest’articolo con il titolo. Nulla, o quasi. Bollo subito la questione del titolo citando il sempre attuale Protagora di Abdera: “l’uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono”. Se per voi Signorino è arte, allora è arte. Se non è arte, non lo è. Non è questione di relativismo, quanto di semplice gusto soggettivo. L’arte, in quanto fenomeno umano che porta a forme di creatività e di espressione spesso coincidenti con l’etica, la politica e la cultura del tempo in cui viene prodotta, non può assurgere a valore universale né trovare metri di misura se non quello soggettivo. Questione chiusa. Per me Signorino è arte, nel sistema di valori in cui oggi ci troviamo a vivere. Ma se prosegui nella lettura ci capiamo meglio.

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“La mia mentalità da Signorino che si veste elegante ma con una mentalità strana” (cit. Young Signorino, in un’intervista a Rolling Stone)

Parto subito da un presupposto, in modo da chiarire subito la faccenda. Young Signorino non è e non può essere il destinatario di attacchi o offese o vilipendi vari. Lui è la vittima e in quanto tale può essere al più analizzato come oggetto. La sua soggettività, nel campo in cui viene inserito, non ha alcun valore né può essere presa per comprenderne il fenomeno sociale. In altre parole è inutile stare lì a studiare il suo passato o la sua vita privata per comprenderne il lato artistico. E’ solo pura mistificazione mediatica, usata al solo fine di confondere le acque (e che funziona sempre in questi casi). In poche parole, nell’analisi del personaggio non conta affatto ciò che è, ma ciò che appare e, chiaramente, ciò che traspare dalla sua musica, eterodiretta e, quasi sicuramente, staccata dalla sua soggettività. Il suo produttore, un certo Big Fish, collabora con molti artisti nostrani (tra cui Caparezza e Morgan) e ha prodotto i brani di personaggi del calibro di Moreno, Rocco Hunt, Gué Pequeno e Fabri Fibra.

Per comprendere il fenomeno Signorino (e tutti i fenomeni musicali calati dall’alto che ci sono stati e che arriveranno in futuro) occorre capire che il ragazzo non è altro che il sottoprodotto della cultura che l’ha generato. In altre parole è un oggetto con cui si effettua una sorta di esperimento sociale. Se vuoi approfondire il concetto degli esperimenti sociali, basta cercare su Google o leggere un mio intervento sugli esperimenti sociali di Facebook. Non è questione di complottismo, attenzione. So bene che quando si usano termini come “esperimento sociale”, “società dei consumi” e “capitalismo” si tende a semplificare e a bollare i ragionamenti come complottistici. Anche questo fa parte dello stesso sistema di valori, che tende a deridere certi concetti, forti dell’enorme mole di teorie del complotto che si trovano in rete e che sono più o meno eterodirette anch’esse. Qui non si tratta di complotti, ma di semplice osservazione di una realtà socio-economica in preda alla ri-costruzione di un sistema di valori fondato sulla mercificazione e sulla spersonalizzazione della soggettività individuale. Nel campo musicale questi esperimenti sono sempre evidenti e quando si arriva all’estremizzazione lo sono ancor di più. Sarebbe errato pensare, come si fa sempre, che la musica “popolare” (nel senso che nasce in seno a sub-culture popolari) sia spontaneamente creata, influenzata da altri generi e riproposta. Non sono fenomeni spontanei o almeno non come lo era ai tempi del blues nelle comunità nere. Da allora ad oggi c’è stato un radicale cambiamento nel sistema di valori: sono scomparse le classi sociali, le diversità culturali e le civiltà contadine e, di conseguenza, si è appiattita la congerie musicale che le caratterizzava, oggi divenuta preda di grossi o piccoli gruppi caratterizzati da un’unica finalità, ossia quella di vendere. Vendere cosa? La musica? Nossignore. Qui non si parla di etichette discografiche che cercano di vendere CD o concerti. Questo è solo l’aspetto marginale dell’industria musicale e delle logiche che ne stanno dietro. Ciò che conta è sperimentare nuove forme di rimbambimento sociale al fine di vendere. Molto probabilmente quelli che criticano Signorino per il suo modo di vestire non sanno che dietro ci sta un’affermata quanto controversa fashion stylist che collabora con numerose riviste di moda. Quindi l’obiettivo è quello di vendere vestiti? Ci sta, ma non solo. Come già detto, questo personaggio è solo un esperimento per capire come si possono influenzare le masse con musica talmente ipnotica – ancorché irritante – e con temi che – di per sé e in una società normale – sarebbero soggetti a censura. Ma si sa che la classe politica e dirigenziale, ormai in gran parte del globo, è assoggettata a regole solo formalmente democratiche e squisitamente capitalistiche. Quindi, in buona sostanza, l’introduzione della trap (come di altre forme musicali) in Italia non è né spontanea né artistica né tantomeno orientata ad accostarsi agli altri generi musicali già presenti, quanto, semplicemente, votata a rimbambire le masse secondo squisite logiche di mercato.
Poi se questo genere piace o meno (come anche il rap o l’hip hop o la tecno) è un fattore irrilevante e soggettivo. Può piacere o non piacere, ma il punto resta che è un genere meravigliosamente utile agli obiettivi prefissati dai fautori del consumismo: rimbambire per vendere, per generare consumi, per partorire nuove mode, per proporre display advertising agli inserzionisti, per ingrassare ancora una volta il meccanismo che genera il mercato del vuoto e anche (ma forse soprattutto) per rafforzare il sistema di anti-valori fortemente voluto dalla cultura capitalista, un sistema basato sulla spersonalizzazione della soggettività, sul consumo, sul controllo della massa, sull’inseguimento di falsi miti quali le ricchezze spropositate sfoggiate da questi pseudo-musicisti, sulla violenza, l’odio, l’uso di droghe, l’esagerazione sempre e comunque. E’ sufficiente guardare uno dei tanti video su YouTube di tanti rapper americani per capire che il modello che propongono è sempre lo stesso ed è basato su questi anti-valori, fortemente promossi e sbandierati.

Siamo tutti più o meno consapevoli di tutto ciò. Tutti viviamo una sorta di sconnessione dal mondo, un vuoto interiore che ci logora, una nevrosi che vaga nell’aria, un non riconoscerci con questa società che ci sembra sempre più folle e sempre più anti-umana. Ma non prendiamocela con il Signorino, nemmeno con noi stessi, anche perché il ragazzo, in un certo modo, ha il coraggio di dire ciò che noi sospettiamo: di essere un borghese con la testa sulla strada, una sorta di sintesi di ciò che, in fondo, è il mondo oggi giorno, interclassista, macabro e irrazionale. Inoltre, in un certo senso, professandosi figlio di satana, esterna il suo essere oggetto e promotore di quegli anti-valori che, traslati nel significato cattolico, sono l’espressione dell’anticristo.

Oggi stiamo vivendo l’eccesso di un modello a cui i nostri padri hanno aderito circa 50 anni fa, ma non è nemmeno colpa loro. Loro sono stati ammaliati dai piaceri del benessere e hanno abiurato i cattivi fantasmi del passato, fatto di fame, fatica e miseria. Ma poi qualcosa è andato storto, abbiamo ceduto pezzi di umanità in cambio di un televisore nuovo, un’auto nuova, le serate nei locali e una vacanza al mare. E ci siamo trovati a questo punto, in cui un tizio canta su YouTube la danza dell’ambulanza e ossequia l’uso smodato di droghe. Non è colpa sua, nemmeno nostra. Non possiamo criticare lui e neanche noi stessi. Possiamo non ascoltarlo? Nemmeno. Sarà sicuramente l’hit dell’estate 2018, o almeno questo è l’obiettivo prefissato dai suoi produttori. E allora che fare? Non lo so, basta però non scaricare tutte le nostre colpe e inadeguatezze su un personaggio che, in fondo, è solo un oggetto talmente fragile che prima o poi si sostituirà con qualcos’altro. E ricomincerà la tiritera.

6 commenti su “La musica di Young Signorino è arte o non è arte?”

  1. Gli artisti più bizzarri e originali e irriverenti a volte non sono compresi dal pubblico. Il motivo è che escono fuori da quegli schemi a cui il pubblico è assuefatto. Un giorno un certo Manzoni presentò la sua “merdad”artista” e nessuno aveva capito il messaggio. Videro solo che era na cosa troppo diversa da un’opera d’arte normale e sudata. Quindi io difendo il Signorino perchè io m’incazzerei se qualcuno fenisse a dirmi cosa devo o non devo fare come artista. L’arte dev’essere libera e chi crea arte non può e non drve pensare mai a cosa dirà il pubblico ma solo creare. Se pochi apprezzano tanto meglio, vuol dire che finalmente qualcosa di nuovo è spuntato all’orizzonte. E te lo dice una che ascolta i Dimmu Borgir e compagnia 😊

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    • Teoricamente sarei d’accordo con te. Ma nel contesto in cui viviamo non me la sento di parlare di “arte” o almeno non quando non sia eterodiretta e manipolata. Comunque, in astratto, ti do ragione su tutta la linea e apprezzo i tuoi parallelismi con l’arte libera, seppur credo che l’arte – dagli inizi del 900 ad oggi – non sia più arte, ma mera rappresentazione di un vuoto e di un’estremizzazione che, a tutti gli effetti, è tutto meno che arte. L’esempio di Manzoni (che si può estendere anche a Duchamp o Abramovic o tanti altri) è esemplificativo di un vuoto che vuol essere colmato con l’arte. Ma questo tentativo, seppur pregevole, è comunque sorretto da una cultura di fondo che estremizza l’arte a tal punto da renderla liquida. Insomma, non voglio certo arrivare alla conclusione che il nostro Signorino sia arte o no (del resto l’ho scritto: l’uomo è la misura di tutte le cose), ma che quando ci si accosta a certi argomenti è sempre lecito porsi una domanda in più.

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  2. Ho letto il tuo articolo su Signorino e a tratti mi e’ piaciuto molto perche’ hai colto con intelligenza e senso critico il nocciolo della questione.
    Quest’ultima risposta al post di Amleta mi ha fatto pero’ cadere le braccia ……dagli inizi del 900 ad oggi – non sia più arte, ma mera rappresentazione di un vuoto e di un’estremizzazione che, a tutti gli effetti, è tutto meno che arte. …….Come fai ad affermare una cosa simile? l’arte e’ pensiero e gli artisti sono medium con la bellezza, ti possono far vibrare il cervello . il cuore, la pancia. Dipende
    ….che il 900 abbia creato smarrimento e fondamentalmente equivoci non c’e’ dubbio, ma tutto procede tutto cambia, si trasforma e l’arte non muore, l’arte non muore mai, e’ sempre con noi e la trovi dove c’e’ poesia. La bellezza e’ sempre li… se non la riconosci mi dispiace per te. Oggi viviamo un enorme equivoco, un equivoco cosi’ grande che anche noi diventiamo equivoci . comunque grazie per l’articolo

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    • ciao Gianni, grazie per questo interessante commento. Per quanto riguarda l’arte contemporanea, secondo il mio punto di vista, ho già risposto nell’articolo citando Protagora. Non vorrei cadere nell’equivoco di considerare l’arte figurativa “arte di serie A”, mentre quella concettuale “arte minore”, ma dal mio punto di vista e considerando anche gli aspetti economici, politici e sociali del secolo breve, credo che l’arte novecentesca abbia sofferto di un eccesso di ermetismo in alcune fasi e di un eccesso di critica e di rottura con i “canoni classici” in altre fasi, per poi legarsi indissolubilmente dapprima alle logiche consumiste (con relativa critica) e poi alle logiche post-moderniste con relativa estremizzazione del concettualismo che, allungate nel brodo, ha portato all’ars gratia artis, senza però l’aspetto figurativo. Quindi da qui discende la mia critica verso l’arte del Novecento. Non metto tutto nello stesso calderone, ma ritengo che segua inevitabilmente la decadenza occidentale che è sotto gli occhi di tutti.

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