Il Casus Savonis, ovvero la differenza tra ruolo politico e di garanzia

Tutti sappiamo com’è andato a finire il tentativo, da parte di Lega e M5S, di formare il Governo Conte, ad un passo dal veleggiare nel mare giallo verde, ma improvvisamente arenato sulle sabbie di Savona, non l’amena località ligure, ma un Ministro dell’Economia scelto da Conte ma categoricamente rifiutato da Mattarella. Motivo del rifiuto da parte del Presidente della Repubblica? Paolo Savona è dichiaratamente antieuro. Oddio,  lo stesso Savona più volte ha ribadito (come anche Salvini e Di Maio) di non essere antieuropeista, ma di volere, per l’Italia, un ruolo più forte in Europa. Comunque sia il niet di Mattarella è stato categorico, tanto che subito dopo ha dato a Carlo Cottarelli l’incarico di formare un nuovo Governo.

In queste ore stiamo leggendo di tutto: da accuse di impeachment nei confronti di Mattarella ad astute strategie politiche da parte della Lega di insistere sul nome di Savona per avere una scusa per rafforzare il suo appeal elettorale. Due argomenti che vorrei subito bollare sinteticamente.

Voto anticipato e strategia salviniana?

Secondo alcuni commentatori, l’irrigidimento di Salvini sulla nomina di Savona è stata una strategia per mettere al muro il M5S e mostrarsi come vittima davanti all’elettorato, in modo da rafforzare il proprio appeal elettorale e vincere le prossime elezioni che, forse, saranno indette anticipatamente. Può darsi, ma in questo pasticcio in cui ci siamo invischiati tutto può succedere, persino che il PD possa guadagnare percentuali nella prossima campagna elettorale. Quindi non mi sento di parlare di strategie così avvincenti e in parte fuorvianti.

Impeachment

Premesso che odio profondamente i termini di derivazione anglosassone, quando si parla di impeachment in riferimento al Presidente della Repubblica, nell’assetto istituzionale italiano, ci si riferisce ad una norma costituzionale ben precisa: l’art. 90 della Costituzione (su cui ci tornerò a breve), che recita: “Il presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione”. Quindi sono due le forme di impeachment: alto tradimento (ossia, per esempio, cospirare con potenze straniere per sovvertire l’ordine nazionale) o attentato alla Costituzione (ossia violare più principi costituzionali e sovvertire le istituzioni costituzionali). Chiaramente non siamo di fronte a questi casi e quindi il famoso impeachment è solo una parola mediaticamente efficace ma istituzionalmente non percorribile, per non dire risibile.

Il ruolo di Mattarella

Detto ciò, l’aspetto su cui vorrei porre l’attenzione è semplice: può il Presidente della Repubblica porre un veto sulla scelta di uno o più Ministri operata dal potenziale Presidente del Consiglio? In altre parole, quando Conte è andato da Mattarella con la lista dei Ministri, quest’ultimo poteva porre il veto sulla scelta di Savona come Ministro dell’Economia? Il quesito non è di semplice soluzione, perché ci sono due ostacoli: il primo è il dettato costituzionale, molto vago sul tema, il secondo è la prassi costituzionale, per cui nella vaghezza della norma più volte i Presidenti della Repubblica, nella storia, hanno valicato il proprio ruolo, ma ciò non significa che avrebbero potuto farlo. Perché la Costituzione non va letta articolo per articolo, ma nella sua interezza.

Il dettato costituzionale

L’art.92 della Costituzione disciplina la formazione del Governo con una formula semplice e concisa: “Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri“. Ciò vuol dire che la scelta dei Ministri risulta dalla volontà di tre soggetti distinti: il Capo dello Stato che compie la nomina, il Presidente incaricato di formare il Governo che formula la proposta e la maggioranza parlamentare che lo sostiene. Quindi, in altre parole, il Presidente della Repubblica può al più consigliare il Presidente del Consiglio designato, ma non porre un veto esclusivo nella scelta della squadra di Governo, in quanto valicherebbe il suo confine di garante della Costituzione e dell’iter procedimentale e si porterebbe su un campo politico, ossia di scelta delle personalità che andranno a formare il Governo e che dovranno ricevere la fiducia dal Parlamento, unico organo in grado di operare una scelta politica sull’Esecutivo. Tuttavia il Presidente della Repubblica può – nel caso in cui la maggioranza parlamentare non sia esattamente solida – consigliare un’alternativa nella scelta di uno o più Ministri, ma mai porre un veto esplicito.

Già, perché un costituzionalista come De Siervo scrisse che “la disciplina costituzionale appare esplicita nell’escludere un potere del Presidente della Repubblica nella scelta dei Ministri, anche se sembra che in alcuni discussi casi vi siano state pressioni in tal senso da parte di alcuni Presidenti o almeno qualche caso di preclusione verso alcuni esponenti politici”.

Il caso Savona

Se il Presidente della Repubblica ha un ruolo di garante e può – per etichetta istituzionale – al più dare un consiglio e mai entrare nel campo delle scelte politiche, cosa succede nel caso in cui valichi il suo ruolo? La Costituzione ci dà una risposta e ci dice, sostanzialmente, due cose: che spetta al Parlamento dare la fiducia al Governo e quindi scegliere il percorso politico da intraprendere (art. 94) e che il Presidente della Repubblica è irresponsabile per tutti gli atti che compie nell’esercizio delle sue funzioni (art. 90). La responsabilità delle proprie scelte va sempre di pari passo con la volontà politica di compierle. Se la Costituzione attribuisce una irresponsabilità, allora chiaramente non dà margine di discrezionalità politica sul ruolo cui la concede.

Dalla combinata lettura delle due disposizioni si evince una cosa semplice: Lega e M5S hanno la maggioranza in Parlamento? Sembrerebbe di si. Hanno un accordo? Si. Il contratto di governo, piaccia o non piaccia (a me non piace, ma è un’altra storia), c’è stato e quindi i due soggetti politici erano pronti a governare. Avevano trovato un accordo anche sul candidato Premier, quindi bastava solo far vagliare il nascituro governo dal Parlamento. L’iter istituzionale, seppur lento, stava prendendo la sua piega, ma poi Mattarella ha posto un veto sul nome di un Ministro e – giustamente – il candidato Premier, Conte, è stato costretto a rinunciare al suo incarico. Mattarella ha travalicato il suo ruolo? Sì. Non c’è dubbio. Ha rispettato il dettato costituzionale? No. E’ evidente. L’avrebbe fatto se avesse sciolto le camere dopo che il Governo Conte non avesse ottenuto la fiducia dal Parlamento, ma in questo caso è sceso su un campo squisitamente politico: ha detto no a un Ministro. Perché? Perché, a quanto pare, non è in linea con la politica europea, perché i mercati e il debito pubblico sono in bilico e perché è necessario garantire continuità con la nostra permanenza nel sistema europeo. La scelta di Mattarella è stata una scelta politica, che spettava al Parlamento, non certo a lui.

Detto ciò, sono d’accordo con la sua scelta. Già. Anche io temo ripercussioni sulla nostra economia, anche io temo che i mercati possano subire contraccolpi a causa di un Governo populista e demagogico, anche io temo per le sorti dell’Italia nel caso in cui sia messa in discussione la permanenza in Europa (non perché l’Europa, così com’è, ci faccia bene, ma perché pesanti saranno le ripercussioni, anche in termini di stabilità sociale…), anche io ho paura del crollo degli investimenti, ma onestamente ho più paura di un assetto istituzionale anarchico, in cui – secondo valutazioni squisitamente politiche – un Presidente della Repubblica possa andare oltre al suo ruolo e prendere decisioni politiche, che non gli competono affatto. Ho paura più di questo che del crollo dei mercati. Perché? Perché se un arbitro dovesse, durante la partita, mettersi al posto dell’allenatore, fare cambi o modificare la strategia di gioco, pur restando arbitro, voi cosa pensereste? Pensereste che la partita è truccata, no? Che sta assumendo un ruolo che non è suo. Se l’arbitro diventa allenatore e inizia ad impartire ordini ai giocatori, mentre fa ancora l’arbitro, non pensate che stia influenzando la partita? E se poi fischia un fallo nei confronti della squadra che allena e che arbitra, cosa pensereste?

Quando un Presidente della Repubblica – che è irresponsabile e imparziale – fa queste scelte, fa esattamente quello che farebbe un arbitro se decidesse di fare l’allenatore. Né più né meno.

Le conseguenze

Le conseguenze di questa intrusione di Mattarella nel percorso di formazione di un soggetto politico-esecutivo (il Governo) scelto da un soggetto politico per eccellenza (il Parlamento) ha ripercussioni forti, perché al momento Mattarella, dopo aver esautorato il nascituro governo, ha dato incarico ad un soggetto terzo, non conforme alla maggioranza parlamentare, di formare un governo tecnico (balneare? pluriennale? Dipende da cosa prevarrà in Parlamento, se la volontà di maturare la pensione o la regola democratica di traghettare il paese verso nuove elezioni), l’ennesimo governo tecnico, che piace a quelli che dettano le vere regole: i neo-capitalisti, quelli che possono campare solo se vige la regola principe del capitalismo (sia essa di matrice statunitense o europea): gli sfruttatori possono arricchirsi solo se esistono gli sfruttati. Come una banca guadagna grazie allo sfruttamento del nostro mutuo, così il sistema bancario europeo può guadagnare se tiene al guinzaglio il debitore, ossia l’Italia e tutti i paesi del Sud, non soltanto un Sud geografico, ma culturale ed economico.

Non credo che il M5S e la Lega avrebbero fatto la differenza o ci avrebbero traghettati verso un benessere maggiore. Non credo nel benessere, non in questo sistema capitalista. Non credo che flat tax o reddito di cittadinanza ci avrebbero giovato. Anzi. Credo che però avrebbero dato uno scossone a questo sistema basato sullo sfruttamento, un sistema che prima o poi vedrà la morte (il capitalismo finanziario non può vivere assai, si basa su ineguaglianze troppo evidenti e su speculazioni troppo spregiudicate) e che si sostiene su un esilissimo equilibrio, per giunta messo in discussione dai precari e cangianti rapporti geo-politici globali attuali. No, Lega e M5S non avrebbero cambiato il sistema, ma basta una leggera scossa per buttare giù tutto. E quella scossa sarebbe avvenuta (e avverrà, prima o poi) anche involontariamente. E poi come lo rimetti in piedi un equilibrio precario basato sulla finanza e la speculazione? Sarà per questo che dubito che torneremo presto alle elezioni. La paura è troppa e lo spread, lo spauracchio finanziario (quindi inesistente e pilotato) ne è la prova.

2 commenti su “Il Casus Savonis, ovvero la differenza tra ruolo politico e di garanzia”

  1. Condivido le tue conclusioni. Sui dissesti finanziari di un eventuale governo lega m5s faccio notare che l’applicazione rigida delle regole europee ha portato l’Italia a perdere il 30% delle proprie industrie, i 6 trimestri di recessioni indotti dal governo Monti non hanno uguali ( seconda guerra mondiale esclusa) nella storia delle Repubblica. Ma ciò che più fa ridere (o piangere) è che il Presidente ha trasformato le prossime elezioni in una campagna esplicita pro o contro l’euro e l’Europa!!! Quello che nessun partito politico in un Italia piddinizzata per via mass mediatica permanente – di destra e di sinistra tanto è uguale- ha mai avuto la forza di fare ora è diventato realtà… Sono proprio allo sbando

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    • Ciao Roberto, mi fa piacere leggere come sempre i tuoi interventi, però bisogna distinguere i temi.
      Per quanto riguarda gli eventuali “dissesti finanziari” dell’ormai futuribile governo Lega-M5S (o insieme o separati, vedremo…) non ho mai messo bocca più di tanto, perché non ho avuto modo di leggere i dati (a parte il contratto, ma quello non conteneva dati economici e coperture finanziarie), quindi avrei atteso il momento in cui avrebbero presentato il DEF.
      Sul tema recessione, sai benissimo che sono d’accordo con te. Tuttavia qui bisogna fare due ulteriori ragionamenti. Il primo: il sistema europeo, di stampo capitalistico-finanziario, si basa sulle speculazioni e sullo sfruttamento. Se noi uscissimo da questo sistema, crollerebbe tutto, perché mancherebbe un pezzo importante degli “sfruttati”. Ma uscire da questo sistema integrato non è così facile, perché in un attimo subiremmo gli attacchi dei mercati finanziari e anche pressioni di altro tipo, che porterebbero ad acuire i conflitti sociali. Senza un “alleato” con le spalle forti, non riusciremmo a sopravvivere. L’unica è quindi quella di cambiare il sistema dall’interno. E’ utopistico, lo so, ma è meglio dare una “spallata” dall’interno piuttosto che uscire ed essere annientati economicamente e socialmente. E qui veniamo al secondo ragionamento: come ben dici, sono allo sbando perché hanno posto sotto i riflettori il tema “Europa Si / Europa No” e Mattarella ha regalato a Salvini un assist imperdibile per le prossime elezioni. Se andrà come credo, penso che le istituzioni europee scricchioleranno, lo spread salirà, il rating scenderà e le banche chiuderanno i rubinetti. Tuttavia mi chiedo: è meglio una crisi costante o una crisi di passaggio da un sistema all’altro? Se avessimo una classe politica e dirigenziale capace, preferirei il salto nel vuoto, ma così come stiamo mi sa che conviene scegliere la soluzione “meno peggio”…

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