Hanno fatto bene a licenziare la prof che augurava la morte ai poliziotti

Lavinia Flavia Cassaro, l’insegnante torinese di 38 anni che il 22 febbraio scorso, durante una manifestazione, ha urlato ai poliziotti “dovete morire” è stata licenziata. Il sindacato che la difende ha ritenuto il provvedimento eccessivo rispetto alla vicenda. In realtà hanno fatto bene a licenziarla, per tanti motivi (non certo perché l’ha chiesto Renzi).

I fatti

il 22 febbraio, durante un corteo di Casapound, Lavinia Flavia Cassaro, la giovane maestra che manifestava contro il corteo, si trovò a scontrarsi con i poliziotti che garantivano l’ordine tra le due manifestazioni. Per puro caso si trovavano lì le telecamere della trasmissione Matrix, che ripresero la scena.

Cassaro augurava la morte agli agenti e, alle obiezioni del giornalista che le ricordava il suo ruolo da insegnante, lei rispondeva: “è triste sì, ma non è sbagliato, perché loro stanno proteggendo i fascisti e un giorno potrei trovarmi fucile in mano a combattere contro questi individui”.

Dopo che il caso mediatico divenne di portata nazionale, la Cassaro ribattè: “Non auguro davvero la morte a nessuno ma ero arrabbiatissima. Ho detto quello che pensavo ma è stato travisato. Mi sento stupida ho dato adito a  costruire un castello mediatico. Se fossi riuscita a mantenere  la lucidità avrei espresso meglio i miei pensieri. Mi sento in  colpa? Nei confronti dei miei compagni”. E continua: “Non avrei dovuto cadere in questi tranelli e farmi travolgere dalla passione e dalla rabbia, ma la nostra Costituzione dichiara che il fascismo è un reato e CasaPound è esplicitamente un partito fascista. Io mi sento profondamente antifascista”.

Fascismo e antifascismo

Qui preme sin da subito porsi qualche domanda di carattere generale: cos’è il fascismo e cos’è l’antifascismo? Che ruolo hanno le forze dell’ordine in tutto ciò? Da queste – apparentemente – semplici domande ne giungono altre, più specifiche e di carattere semiotico: davvero Casapound è un partito di ispirazione fascista? Davvero un appartenente alle forze dell’ordine merita di essere etichettato come difensore del fascismo o servo del sistema?

Prima di rispondere a queste domande mi preme sgomberare il campo da una sotto-considerazione che ritengo scontata: non si augura mai la morte a nessuno. Mai. Se quest’espressione, pur partendo dall’impulso e dalla rabbia, viene usata, pare evidente che faccia parte del costrutto mentale di chi l’adopera, se non del suo bagaglio culturale. In altre parole, puoi avere tutta la rabbia in corpo, ma dire “dovete morire” è l’esemplificazione, dettata dall’emotività e dall’eccitazione del momento, di un più profondo odio verso determinate categorie che vengono interpretate come nemici e servi del sistema: i poliziotti e, chiaramente, i fascisti. Già di per sé questa semplificazione derivante da convinzioni di tipo meramente semiotico a compartimenti stagni (e storicamente superata) sarebbe sufficiente ad etichettare come inadeguata all’insegnamento una persona del genere.

I fascisti

Ma ora bisogna rispondere alla prima domanda. Casapound rappresenta un partito fascista? No, affatto. Semmai è la parodia di una parodia. Il fascismo storico, in Italia, non ha mai scalfito la cultura di fondo degli italiani, dunque il loro linguaggio e le loro rappresentazioni della Realtà. Qui l’ho spiegato meglio.

Se andassimo ad analizzare le varie forme di fascismo, sin dal dopoguerra, scopriremmo che le stragi di stato, le strategie della tensione, gli attentati, l’eversione nera e i golpe, tentati e falliti o sommessamente messi in atto, altro non sono che rappresentazioni intrinseche di un potere solo superficialmente connotate da un termine che richiama il ventennio. Insomma, quelli degli anni ’70 erano davvero fascisti, ma non nel senso di eredi del ventennio. Come loro anche i brigatisti lo erano, lo erano anche i ragazzi antagonisti che occupavano (e lo fanno tutt’ora) le scuole e le facoltà.

Oggi, se dovessimo individuare i fascisti, li ritroveremmo in molte realtà, meno che in quelle che nominalisticamente lo sono. Forza Nuova, CasaPound e quei gruppetti che inneggiano in modo quasi romantico al ventennio fascista sono una parodia di una parodia durata vent’anni.

Dunque manifestare contro una parodia è qualcosa di assolutamente antistorico e privo di qualsivoglia analisi della realtà. Anche quest’aspetto fa capire come una docente, semioticamente antifascista ma culturalmente inserita in un contesto fascista, non stia manifestando contro il vero fascismo (cioè quello che le sta intorno), ma contro una parodia. Mi chiedo come faccia a insegnare a dei bambini l’analisi se poi non è consapevole di andare a manifestare contro una parodia. Perché se lo fosse, evidentemente, non ci andrebbe.

I poliziotti

E qui veniamo alla seconda domanda. Davvero un appartenente alle forze dell’ordine merita di essere etichettato come difensore del fascismo o servo del sistema?

Sarei tentato di scomodare Pasolini, quando in una sua poesia del ’68, scrisse: Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti, io simpatizzavo coi poliziotti! Perché i poliziotti sono figli di poveri. Vengono da periferie, contadine o urbane che siano. Ma poi diventerei qualunquista, dato che quei suoi versi, un po’ ironici, provocatori e “scritti male” (com’ebbe lui stesso a dichiarare), andrebbero letti nell’hic et nunc, anche perché Pasolini stesso dichiarò: “(…) la vera rivoluzione non la faranno mai gli studenti, perché sono figli di borghesi. Al massimo potranno fare una “guerra civile”, in questo caso generazionale, in seno alla borghesia”.

Da questi due versi, dalla precisazione e leggendo tutto ciò nell’ottica dell’attualità, un fondo di verità c’è e va letto con due chiavi. La prima è talmente banale che mi pare scontata: i poliziotti sono persone che fanno un lavoro che prevede il rispetto di ordini. Eh vabbè. Concetto scontato, ma che non sempre lo è (non per gli antifascisti che inveiscono contro o per i ragazzi scemi che scrivono ACAB sui muri). La seconda è che in questo clima così liquido (mi perdoni Bauman per la semplificazione), un poliziotto può essere tanto fascista quanto antifascista e un fascista può essere più antifascista di un fascista. Un antifascista propugna gli stessi temi di un fascista (entrambi sono contro la guerra, o entrambi sono ambientalisti, per esempio) e un poliziotto può avere le stesse idee di un fascista/antifascista. So che sembra di aver detto una marea di banalità, ma il succo del discorso è che cadute le rigide distinzioni sociali e idelogiche, come si può ancora ragionare in termini di buono/cattivo quando si parla di fascismo/antifascismo e di polizia/manifestanti?

Oggi non viviamo più lo scontro dialettico tra borghesia e potere operaio, tra polizia serva del capitalismo e della repressione di Stato e movimento comunista. Non più, tutto ciò è crollato e tutti, indistintamente, siamo sotto l’egida delle regole di mercato. Il capitalismo ha fatto il suo dovere e ha terminato la sua opera egemonica. E quindi a che serve prendersela con un poliziotto che, allo stato attuale, potrebbe essere – culturalmente – sullo stesso piano di un antifascista?

Gli antifascisti

E qui veniamo agli antifascisti moderni. Se quelli della Resistenza lottavano contro i fascisti storici e l’occupazione nazista, se quelli del ’68 ebbero a lottare contro la borghesia, quelli di oggi cosa rappresentano? A parlare di temi socio-economici o geo-politici, non vedo molta differenza tra gli uni e gli altri. Non è un caso che il M5S abbia fatto del qualunquismo (destra e sinistra non ci sono più) il suo cavallo di battaglia e non è un caso che le accuse di fascismo rivolte a Salvini facciano un buco nell’acqua. Già, perché a sentir parlare gli antifascisti sembra che siano rimasti a Windows 95 mentre oggi si parla di Cloud computing. Su numerosi temi l’antifascismo odierno è diventato mero buonismo (vedi l’accoglienza indiscriminata e anti-analitica delle migrazioni) oppure conservatorismo nominale (opporsi ad una via intitolata ad Almirante o a gadget che richiamano al fascismo storico). Essere legati ancora all’antifascismo nominale è un’operazione che allontana sempre più la gente dalla critica e l’avvicina al populismo.

Non mi pare di aver letto grandi proteste quando Oettinger disse “saranno i mercati a insegnare agli italiani a votare bene”. Eppure questa frase dovrebbe rappresentare, oggi, il leit-motiv dell’antifascismo, ossia l’opposizione a quel nemico (invisibile) che dovrebbe spingere gli antifascisti ad aggiornare il proprio background culturale. E invece quella frase è passata inosservata, quando avrebbe dovuto scatenare le proteste di chi comprende il vero ed essenziale problema che ci attanaglia. Vorrà dire che non è stato ancora capito. Ma lo ha capito bene – udite udite – proprio Bertinotti, quell’ex comunista che è stato tacciato di cattolicismo ciellino ma che, invece, ha colto bene il nocciolo della questione e mi pare più comunista (passatemi il termine) di tanti antifascisti nominali.

Insomma, per concludere e tornando al punto dell’articolo, hanno fatto benissimo a licenziare la maestra. Non perché urlava (e alcuni genitori dei suoi ex allievi sostenevano che urlasse anche contro i bimbi), non perché andava alle manifestazioni. No, perché una persona che, a quanto lasciano trasparire le immagini e le sue dichiarazioni, non sa analizzare la realtà poi non può lavorare nel campo della formazione. Come potrebbe educare i bimbi ad usare il ragionamento se lei stessa è ancorata a vecchie e logore classificazioni che non esistono più e che sono puramente nominalistiche? Qui ci vogliono professori che insegnino ai ragazzi a ragionare, ad analizzare la realtà, insomma, a provare a essere liberi. E quest’esercizio, lo sappiamo bene, va fatto in famiglia e a scuola, sin dalla formazione primaria e senza fermarsi a semplici e indolori operazioni di facciata.

8 commenti su “Hanno fatto bene a licenziare la prof che augurava la morte ai poliziotti”

  1. Ora, maestra o no che urla e cosa urla, nelle nostre scuole si insegna ad analizzare la realta’? Con magari l’intento di essere liberi da strutture e sovrastrutture’…bhje allora ho sbagiato nazione.
    questa è una scuola che si fa a casa mia 8lo dico senza umiltà e senza boria9, sarà per questo che spesso ho un nugolo di amici di mia figlia a cisrlare con serenità e riflessioni?
    Ahimè che tristezza la scuola italiana…

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