Lega, M5S e Monarchia

stato di diritto o monarchia

Tutti siamo convinti di vivere in uno Stato di diritto e non in una monarchia, ossia regolato dalle Leggi e non dai capricci di chi governa. Per arrivare ad una conquista del genere ci sono voluti secoli di dottrine filosofiche, rivoluzioni, lotte politiche, guerre.

Tutto ciò per arrivare ad affermare un principio che si credeva intoccabile, almeno fino ad oggi, ossia che tutti siamo uguali, in forma e in sostanza, dinanzi alla legge e che ogni consociato, o cittadino, conosce la prassi che porta dalla causa all’effetto.

In altre parole, un sistema fondato sul diritto è un sistema certo, per cui so che per raggiungere un certo obiettivo dovrò seguire una certa procedura e so che questo sistema fondato sul diritto mi riserva delle garanzie.

Ora mi chiedo: se nella prassi politica non vengono rispettati certi principi e, peggio, non li rispetta chi è al governo, potrò mai confidare nell’applicazione, da parte di chi mi rappresenta e di chi ha giurato sulla Carta Costituzionale, dei principi che sono alla base della società?

Due fatti recenti mi hanno fatto riflettere su queste considerazioni e mi hanno portato ad attendermi che lo Stato di Diritto è destinato a morte certa se non ci prodighiamo tutti a fermare questa barbarie in atto.

Il bus di San Donato Milanese

Rami san donato milanese

Il primo fatto è legato al terribile sequestro del bus scolastico a San Donato Milanese, dove un soggetto, infarcito da una becera e malata idea di odio e vendetta (che non sto qui ad analizzare, ma che ha cause riconoscibili), ha messo in pericolo le vite di 51 bambini, salvate grazie al coraggioso intervento di alcuni bambini, tra cui un italiano e uno di origine egiziana. La nazionalità dei bambini non dovrebbe essere importante, ma conta relativamente al fatto politico accaduto dopo: c’è chi si è schierato per dare la cittadinanza al piccolo Ramy (il bimbo di origine egiziana) e riaprire il dibattito sullo Ius Soli e chi, come Salvini, riteneva che non la meritasse. Salvo poi ricredersi dopo un social listening del prodotto che orienta le sue scelte politiche: la bestia, quel complesso software che analizza le discussioni sui social e fornisce all’utilizzatore il sentiment della rete su un determinato argomento.

Ebbene, dopo aver scoperto che buona parte degli utenti dei social era schierata con il piccolo Ramy, Salvini, come fosse in una monarchia, ha cambiato idea e si è mostrato favorevole a concedere la cittadinanza al ragazzo, fermo restando che è intenzionato a toglierla al criminale che ha sequestrato il bus.

La cittadinanza o non cittadinanza come premio o punizione?

Ora non voglio soffermarmi sulla considerazione per cui le scelte politiche, oggi, da parte del partito virtualmente di maggioranza nel Paese, siano condizionate da un software che analizza gli orientamenti degli utenti in rete. L’argomento meriterebbe un’analisi a sé. Voglio invece concentrarmi sull’aspetto oggi più rilevante: la cittadinanza è un interesse legittimo che rappresenta la fine di un iter amministrativo e l’inizio di un percorso composto da diritti e doveri oppure è un riconoscimento, dettato dalla generosità o voglia di punizione da parte di chi detiene la monarchia, che si toglie e si concede sulla base di un sentimento, di una reazione di pancia, di un subbuglio emotivo?

La cittadinanza presuppone un percorso certo, dettato dalla legge, oppure è la risultante di aspetti aleatori, tipici della monarchia assoluta, lasciati al caso e alla contingenza e decisa da un singolo o da una élite? Da queste domande discendono due considerazioni: la prima è che è legittimo riaprire il dibattito sullo ius soli. La seconda è che, qualunque scelta si faccia, dev’essere basata sulla certezza del diritto e riservata a tutti quelli che, indistintamente, posseggono i requisiti per accedere alla cittadinanza.

Indipendentemente da come si prospetterà la discussione sullo ius soli, è legittimo parlarne, purché la discussione politica presupponga l’applicazione concreta e reale dei principi su cui si fonda lo Stato di diritto: riconoscere la cittadinanza sulla base di norme certe e non sulla base del contingente e dell’alea. Sia chiaro: entrambe le posizioni politiche sono legittime: sia quella di chi sostiene lo ius soli (e lo ius culturae) sia quella di chi sostiene di mantenere l’attuale assetto basato sullo ius sanguinis. Decidere per l’una o l’altra via è una scelta politica, mentre non dev’essere una scelta politica quella di trascendere la legge per accontentare l’elettorato e rafforzare la propria posizione politica.

Il caso Marcello De Vito

Marcello De Vito monarchia

Il secondo fatto è relativo alla decisione di Luigi Di Maio di espellere dal M5S Marcello De Vito, dopo lo scandalo sulle tangenti per il nuovo stadio della Roma. Come tutti sappiamo, De Vito è stato uno dei primissimi esponenti del M5S, già candidato a sindaco di Roma e poi, dopo la vittoria di Virginia Raggi, divenuto Presidente del Consiglio comunale capitolino. Dalle intercettazioni, poi parzialmente diffuse sui giornali, si capisce che De Vito, approfittando di quella che chiamava una congiunzione astrale favorevole, abbia influenzato consiglio e alcuni assessori per favorire determinati soggetti, in cambio di tangenti, negli iter amministrativi relativi alla costruzione del nuovo stadio.

Non appena informato dell’inchiesta, Di Maio ha più volte e a gran voce dichiarato che De Vito è fuori dal Movimento, esattamente come se fosse in una monarchia. “Mi assumo io la responsabilità di questa decisione, come capo politico”, ha poi ribadito. A me, onestamente, questo atteggiamento spaventa assai. Non tanto perché Di Maio ha avuto due pesi e due misure (garantista con la Raggi, dopo l’indagine, ieri, spietato con De Vito, oggi), quanto perché con questa frase e con la decisione di cacciare via De Vito senza attendere l’esito del processo, palesa un’insofferenza nei confronti dei principi su cui si fonda uno Stato di diritto, tra cui il principio garantista (nessuno è colpevole fino a sentenza definitiva di condanna). Sia chiaro, a casa sua decide come vuole, ma quest’atteggiamento, tipico di una monarchia, è tanto replicabile all’esterno quanto facilmente adottato all’interno.

Le regole e il garantismo

I più giovani di voi non ricorderanno come nel PC persino gli esponenti più scomodi, prima di essere espulsi dal partito, fossero soggetti ad un complesso sistema disciplinare interno, che coinvolgeva la sezione d’appartenenza e il comitato centrale, che prevedeva la possibilità di difendersi, di produrre documenti a favore, testimonianze, ecc. Persino i partiti più contemporanei, anche quelli populisti, si sono sempre mostrati garantisti nei confronti dei propri indagati. Ciò a buon motivo: il primo è che a volte la Magistratura non è stata esente da intromissioni politiche nei confronti dei partiti, il secondo è che spesso la sentenza definitiva ha smontato tutto l’impianto accusatorio della Procura.

E’ per questo e, più in generale, per il rispetto del principio garantista, che la legge prevede la presunzione d’innocenza. Ma si sa, in un clima politico e sociale dominato dal sentiment, questi principi sono anacronistici e quindi bisogna accontentare il proprio elettorato, salvare le apparenze e mostrarsi duri e puri nei confronti dei possibili attacchi da parte delle opposizioni. Tutto ciò, però, erode quei principi che sono a fondamento di uno Stato di diritto che Di Maio e Salvini hanno giurato di difendere, rispettare e applicare.

Questi due fatti (senza contare la questione Diciotti) sono sintomatici di una deriva autoritaria che il Paese sta prendendo. Ora bisogna capire se noi acconsentiamo a dirigerci verso una finta democrazia dalle tinte fosche tipiche di una monarchia o vogliamo preservare quello che i nostri nonni hanno creato col sangue: uno Stato in cui tutti siamo uguali davanti alla Legge e in cui prevale la Ragione, non il sentimento.

Lo Stato di Polizia è un’altra cosa, ciucci!

Stato di Polizia

Leggo spesso in vari blog, articoli di giornale, post e commenti sui social, che oramai noi viviamo in uno Stato di Polizia, in quanto il potere ci controlla e ci soggioga grazie all’uso delle forze dell’ordine che soffocano e reprimono le libertà dei cittadini anziché tutelarle e proteggerle. Giusto, no? Leggi anche tu queste boiate, vero?

Non voglio certo negare che spesso le Istituzioni usino le forze dell’ordine per controllare e reprimere le forme di disobbedienza civile e che spesso lo facciano in modo autoritario ed eccedendo nei loro ruoli. Ma questo non vuol dire che viviamo in uno Stato di polizia! Lo Stato di Polizia è un’altra cosa, completamente diversa.

Ma per capirlo bisogna capire la differenza tra forme di Stato e forme di Governo, distinzioni elaborate dalla scienza costituzionalista per indicare le diverse forme che possono assumere uno Stato e un Governo.

Forme di Stato

Uno Stato, inteso come sintesi di tre elementi, cioè territorio, popolo e governo, può assumere diverse forme, a seconda delle influenze storiche, filosofiche e politiche di un dato territorio. Nella storia abbiamo avuto:

STATO UNITARIO

E’ una forma di Stato costituita da un solo popolo su un unico territorio e sotto un unico potere sovrano.

STATO FEDERALE

E’ una forma di Stato che racchiude in sé più Stati, i quali possiedono tutti gli elementi costitutivi tipici dello Stato unitario (popolo, territorio, potere sovrano). Si basa su una Costituzione federale e più atti costitutivi, ognuno del singolo Stato, nonché vengono imposte regole proprie per ogni Stato e regole comuni. L’esempio tipico sono gli USA.

STATO ASSOLUTO

Nello Stato assoluto tutti i poteri (potere legislativo, esecutivo e giudiziario) vengono concentrati nella persona del Monarca. La popolazione è composta da sudditi (non cittadini) che rispondono solo al Re e a nessun altro potere.

STATO PATRIMONIALE

E’ una forma di Stato assoluto in cui il Re dispone del Regno come fosse proprietà privata e fonda i suoi rapporti su un modello di tipo privatistico. Anche in questo caso la popolazione è composta da sudditi.

STATO DI POLIZIA

E’ una forma più evoluta dello Stato assoluto, in cui il Sovrano, pur esercitando sempre il potere assoluto, nel contempo deve assicurare un certo benessere ai sudditi, per cui diviene un “Sovrano illuminato”. Del resto “polizia” deriva dal greco “polis” e, secondo questa forma di Stato, i sudditi hanno diritto a vivere in serenità e sicurezza, per cui il Sovrano deve garantire sicurezza da possibili attacchi esterni nonché benessere diffuso.

STATO DI DIRITTO

Nasce con la scomparsa dello Stato assoluto, per cui i “sudditi” divengono “cittadini” titolari di diritti, che rispondono solo alla legge, come anche il Sovrano (principio di legalità”). Nasce, in questo contesto, la Carta costituzionale nonché il principio della “Separazione dei poteri”.

STATO SOCIALE

E’ una forma evoluta dello Stato liberale, per cui vanno garantiti al cittadino i servizi primari (sanità, istruzione, occupazione, previdenza sociale, trasporti, ecc.), indipendentemente dal proprio reddito, al fine di rimuovere le disuguaglianze sociali.

STATO SOCIALISTA

E’ una forma più “estrema” dello Stato Sociale, per cui lo Stato si fa capo dei mezzi di produzione e garantisce ogni genere di servizio ai cittadini, in modo pressoché uguale per tutti.

Forme di Governo

A differenza delle forme di Stato, dove lo Stato si conforma in base a territorio, popolo e potere, le forme di Governo sono modelli organizzativi tipici del potere stesso, per cui si possono avere diversi modelli in base a come vengono conformati i tre poteri tipici del Governo di uno Stato: Potere decisionale, Potere esecutivo e Potere giudiziario, oltre al Potere di controllo e garanzia tipico del capo dello Stato.
Le forme di governo classiche sono:

MONARCHIA

Il potere in mano ad una sola persona. Qui distinguiamo tra Monarchia costituzionale (i poteri del Monarca sono limitati dalla Costituzione) e Monarchia assoluta (il Monarca prende tutte le decisioni e non risponde ad alcun altro potere).

ARISTOCRAZIA

Il potere in mano a poche persone (nobili o comunque “migliori”).

DEMOCRAZIA

Il potere in mano al popolo.
Poi abbiamo ulteriori forme di Governo le cui caratteristiche di base sono comunque simili alle forme di Governo classiche, ma che hanno alcuni elementi diversi, spesso patologici.

AUTOCRAZIA

Il potere in mano a una o a poche persone, che controllano la formazione delle leggi, il potere giudiziario, l’esercito e i mezzi di informazione. In questo termine ritroviamo la dittatura, la dittatura militare, la plutocrazia, la teocrazia, ecc.

ANARCHIA

In questo caso non esiste un governo organizzato e il potere è autoregolato dai membri di una comunità.

SOCIALISMO

E’ una forma di governo tipica dello Stato Socialista.

REPUBBLICA PRESIDENZIALE

Come quella francese o americana, per cui il Presidente (capo dell’esecutivo) detiene maggior potere rispetto ad altri organi e assume anche i poteri tipici del capo dello Stato.

DEMOCRAZIA DIRETTA

E’ una forma di democrazia senza intermediazioni tipiche della rappresentanza parlamentare. Spesso si associa ad altre forme democratiche e si sostanzia nella decisione, da parte del Popolo, su tematiche rilevanti, a mezzo referendum.
Esistono tante altre forme di governo, ma sia chiara una cosa: se volete parlare di quanto in Italia la libertà sia limitata e controllata da parte del Governo, prendete ad esempio una delle forme di Governo, parlate pure di dittatura di fatto, di autarchia, di democrazia totalitaria, ma lasciate perdere lo Stato di Polizia, che è un’altra cosa. Fino a prova contraria la nostra è ancora una forma di Stato di diritto.